IV. L’avanzata longobarda e la conquista carolingia
Dalla metà del VII Secolo in poi, l’ascesa longobarda fu inarrestabile e raggiunse il culmine con la salita al trono di Liutprando (690-744). In un primo momento egli perseguì una politica di pace con l’Impero bizantino, ma già nel 717 attaccò Ravenna e saccheggiò il porto di Classe. Un decennio dopo, nel 727, invase i possedimento bizantini e sottomise diverse località, tra cui anche Bologna.
Il successore di Liutprando, Astolfo († 756), ebbe il merito di aver riorganizzato e rafforzato l’esercito. Passato infatti all’offensiva nei confronti dei Bizantini, ottenne numerosi successi militari: nel 750 invase da Nord l’Esarcato, occupando i Castra di Comacchio e Ferrara, mentre nel 751 attaccò e conquistò definitivamente Ravenna. Nel 753, appena due anni dopo la conquista longobarda dei territori esarcali, in un diploma concesso da Re Astolfo all’abbazia di Nonantola, Ferrara viene per la prima volta indicata con il grado di “civitas”, cioè di città1. Ulteriori informazioni dell’importanza urbana di Ferrara si ritrovano in due testi, il Liber Pontificalis Ecclesiae Ravennatis e il Codex Carolinus, i quali menzionano l’episodio in cui Re Desiderio († 774) promise al Pontefice Stefano II (714-757) la restituzione delle Sante Sedi di Faenza, Bagnacavallo e Gavello, nonché dell’intero Ducatus Ferrariae. Il sovrano longobardo mantenne inizialmente la promessa fatta ma, in seguito alla nascita di ostilità con i bizantini, la Santa Sede perse di nuovo Ferrara, e per la restituzione dovette aspettare l’ascesa di Carlo Magno che nel 774 sconfisse definitivamente i Longobardi.
Dalle diverse fonti scritte pervenute risulta perciò attendibile che un Ducatus Ferrariae fosse già presente nella metà del VII Secolo, “ducatus” inteso come organismo politico amministrativo già ben delineato, il cui governo era affidato a Duchi (che solitamente erano capi militari). Vediamo quindi il modo in cui Ferrara si consolidò come città in quanto, pur essendo nata come Castrum adibito alla difesa del limes esarcale, si riconvertì in centro di commercio, rivelando questa sua inclinazione anche nello sviluppo urbanistico, che la vide disporsi lungo la sponda settentrionale del Po, di fianco all’impianto castrense2.
Tra il IX e il XII Secolo si assiste anche alla realizzazione dei primi edifici ecclesiastici sia all’interno del castrum che a ridosso della suo confine. Dentro la cerchia fortificata si trovano quattro chiese: San Pietro, situata nel punto altimetricamente più elevato e che si ipotizza essere l’antica cappella dell’insediamento, San Martino, Santi Simone e Giuda, Sant’Alessio (che è parrocchiale dal 1272), e San Salvatore. Nell’area compresa tra la palizzata e Via Vittoria, nello stesso periodo sorgono sei ulteriori edifici ecclesiastici: Santa Maria delle Bocche, San Clemente, San Gregorio, Sant’Agnese e il suo conservatorio, San Giacomo e l’Ospedale di Sant’Antonio Vecchio che diverrà chiesa solo nel XIV Secolo.
La restituzione alla Chiesa di Roma dell’Esarcato, grazie all’intervento di Carlo Magno venne dopo poco contrassegnata da discordie interne tra Papa Adriano I e Ravenna, in quanto il Pontefice accusò l’Arcivescovo ravennate Leone di essersi impossessato dell’esarcato. Vediamo quindi come da subito il potere ecclesiastico concentrato a Ravenna eserciti il proprio controllo sul territorio circostante e anche sulla nascente Ferrara. Questa, nata appunto come presidio militare nel VII Secolo, e che già poco dopo poteva vantarsi del grado di ducatus, vide un forte sviluppo urbanistico nel IX e nel X Secolo, in corrispondenza di un’evoluzione del patrimonio laico ed ecclesiastico. Erano difatti gli enti ecclesiastici a gestire il territorio, ed erano sempre loro a cedere i terreni a concessionari non coltivatori. In molti casi, infatti, soprattutto per i campi dissodati di recente o che richiedevano consistenti lavori di miglioramento, si preferiva ricorrere all’enfiteusi (dal greco “ἐμφυτεύειν” [emfytéuein]: lett. “piantare all’interno”, propr. “annestare”): in questo tipo di locazione il contadino pagava un canone minimo che andava aumentando con il crescere del rendimento del terreno3. Gli enfiteuti concessionari non erano semplicemente coltivatori dei beni fondiari, bensì potevano dare in sub-affidamento i loro beni, frantumandoli oppure accorpandoli ad altri4.
Il periodo che va dalla conquista Carolingia al X Secolo si rivela come una fase di relativa pace, nella quale probabilmente la mira amministrativa principale è quella di consolidare i possedimenti ferraresi tra papato e impero e amministrare quest’area in modo più organico.
- Renato JANNUCCI, Storia di Ferrara dalle origini ad oggi, Libreria centrale editrice, Ferrara, 1958.
- Sauro GELICHI, Le città in Emilia-Romagna tra tardo-antico ed alto-Medioevo, in Atti del Convegno “La storia dell’alto Medioevo italiano alla luce dell’archeologia” Siena 2-6 Dicembre 1992, All’insegna del Giglio, Firenze, 1992.
- Elio BONIFAZI, Aspetti e testimonianze di civiltà,Bulgarini, Firenze, 1997.
- Augusto VASINA, Comune, Vescovo e Signoria estense dal XII al XIV Secolo, in “Storia di Ferrara”, Ferrara, 1987, tomo V.