VI. Bonifacio e Matilde di Canossa
Nel 1052 Bonifacio morì assassinato. Il ducato sarebbe dovuto andare in mano alla vedova di Bonifacio, Beatrice, risposatasi con Goffredo di Lorena, e alla figlia, Matilde di Canossa (nata nel 1046, quindi ancora molto piccola), ma l’Imperatore Enrico III (1039-1056) cominciò ad interessarsi molto più da vicino al governo di Ferrara, contrastando i legittimi eredi. Fu in questo quadro che il gruppo dirigente ferrarese riuscì a mettersi sempre più in luce 1. Nacquero così le prime simpatie per l’Imperatore di una parte dei cittadini, mentre altri restarono fedeli alla famiglia del marchese Bonifacio, e quindi alla dominazione papale.
L’Imperatore Enrico III, soppressi alcuni dei suoi diritti di vassallaggio, lasciò libera Ferrara di reggersi con un proprio Magistrato Municipale, finché nel 1055 concesse un privilegio a favore degli “homines” di Ferrara, esonerandoli dal pagamento delle tertie: nel diploma sono menzionati in Ferrara “curtenses” (gruppo ristretto di liberi possessori),“negociatores”,“domini”(proprietari di terreni) e“villani”2. La stessa indicazione curtenses si ritrova in riferimento ad una determinata categoria di persone, coloro che sono favorevoli all’impero (Curtenses, cioè Cortesi, ovvero cortigiani dell’Imperatore). Probabilmente questi Curtenses (o curtisani, o cortesi), iniziarono ad edificare presso San Pietro quel Castello dei Cortesi (ossia la rocca del Comune) che sarà poi sempre focolaio dei sostenitori dell’impero, mentre Castel Tedaldo, nella parte opposta della città, rimarrà centro dei sostenitori del papato3. Infatti, come testimonia l’autore della Chronica Parva, gli abitanti di Ferrara si attestano in “duobus locis editi oribus”, corrispondenti al “Castellum Curtisiorum”, l’uno (cioè alla zona di San Pietro), e al Castel Tedaldo, l’altro: due punti focali di riferimento per l’organismo urbano e poli di attrazione per l’insediamento, collegati da Via delle Volte e Via Ragno, la principale arteria parafluviale del tempo4. A parte l’accostamento di questi due poli urbani, così diversi per formazione e cronologia, resta il fatto che Riccobaldo si riferisce ad una realtà topografica ancora percettibile ai suoi tempi, ossia alla maggiore elevazione di queste due zone rispetto alla città circostante. Del resto anche lo storico Antonio Frizzi (nel XVIII Secolo) rileva ancora la maggiore elevazione di San Pietro rispetto alle zone limitrofe5: “Le case poste […] su la via di S. Martino posano con la parte lor posteriore sopra il piano più basso della Via di S. Apollinare o sia della Via di Ghisiglieri”.
In questi anni, poi, iniziarono ad emergere alcuni personaggi di grande rilevanza politica ed economica nel panorama cittadino, i cosiddetti maiores: Guglielmo di Bulgaro Marchesella, Guido di Federico, Ardizzone di Bucco ed altri.
Avvennero anche altri due importanti episodi: nel 1068 Papa Alessandro II (1015-1073) consacrò Vescovo di Ferrara Graziano, eletto dal clero e dal popolo ferrarese (in particolare si distinsero le famiglie dei Torelli e dei Marchesella), e scomunicò Samuele, l’Anti-Vescovo nominato dall’Anti-Papa6; nel 1083, poi, alla presenza della “Curia Vassallorum”, fra l’altro composta da Aldigeno, giudice, Pietro di Torello e Guglielmo Marchesella, il Vescovo di Ferrara Graziano concesse alcune investiture: Pietro Torello venne insignito della carica di Capitano7 e, presumibilmente, anche Marchesella venne fregiato della medesima carica. Intanto, in questi inizi di anni ottanta, a seguito di molte sconfitte subite, i rapporti tra Matilde ed i territori soggetti al suo governo diventarono estremamente critici e la stessa Ferrara preparava una reazione piuttosto forte al partito che la appoggiava8. La caduta di Matilde portò alla supremazia del gruppo che fiancheggiava la politica imperiale, schierato a fianco dello scomunicato Vescovo Samuele. Nel 1101, tuttavia, Matilde di Canossa ricostruì le sue alleanze e tentò di riaffermare i suoi diritti su Ferrara: così con l’aiuto dei Veneziani e dei Ravennati, attaccò la città dandola alle fiamme. Vinse, riportando Ferrara sotto il controllo del Papa.
Il potere di Matilde non offuscò, in ogni caso, una vita politica cittadina vivace, che trovava nel Vescovo Landolfo (1092-1139) una guida salda ed energica. Egli, molto legato all’ambiente canossiano sin dai tempi della ribellione e ben inserito in una vasta rete di rapporti feudali, venne a costituire a Ferrara l’indispensabile punto di riferimento delle più attive forze cittadine, espresse sia dal clero che dal laicato: sapeva sostanzialmente cogliere l’opportunità di un collegamento diretto e stretto con la Santa Sede. I Marcheselli e i Torelli, così come pure i Casotti, nacquero appunto in rapporto clientelare nei riguardi del Vescovo e da questo vennero messi in luce: Guglielmo Marchesella, Salinguerra di Pietro Torello, Casotto di Sichelmo erano Capitanei; Guido di Uberto, Pietro Contrari, Giovanni Connetta erano Consoli. Clero e laicato urbano all’ombra dell’episcopio trovarono un sostegno reciproco, riconoscendosi nella comune volontà di difendere i diritti del loro Vescovo da pericoli esterni e soprattutto dall’invadenza della Chiesa ravennate9.
Contemporaneamente a questa vivacità politica, la città, che stava vivendo momenti di prosperità e vitalità economica, proseguì la sua crescita ininterrotta: i due Borghi, quello Superiore e quello Inferiore, erano ormai decisamente consolidati. Il primo giungeva fino all’odierna via Boccacanale di Santo Stefano (allora era un corso d’acqua, come induce a pensare l’eloquente toponimo attuale stesso) che rappresentò, ancora e per diversi anni, un limite naturale all’ulteriore espansione verso occidente, fino a quando diventò la fossa difensiva esterna di una nuova linea di mura che per la prima volta comparì raffigurata nella pianta di Fra’ Paolino Minorita nella redazione del codice Marciano (tra il 1322 e il 1325).
Sta di fatto che, in un documento del 1092, la chiesa di S. Stefano è descritta come “in civitate Ferrariae in loco ubi dicitur hos canalis”10, quindi il canale ancora sussiste. Un documento del 1088, d’altro canto, ricorda pure un casale “Positum in inferiori burgo ferrarie qui dicitur Vadus et in regione basilicae sancti Vitalis, que noviter facta est”11, confermando l’esistenza di un Borgo Inferiore distinto in due “regiones”: la regio Sanctae Mariae e la regio Sancti Vitalis, che prendono rispettivamente il nome dalle due chiese di S. Maria in Vado e di S. Vitale (nota dal X Sec. ma riedificata nel 1086, a seguito di un incendio). Questo borgo, stretto tra il castrum ad Ovest e il Po a Sud, si allargava verso Est e verso Nord, occupando, in un primo momento, l’area compresa tra Via Coperta e l’asse Via Borgo di Sotto-Scandiana e arrivando solo più tardi fino alla linea di Via Savonarola-Cisterna del Follo. Nel complesso aveva una struttura regolare e più compatta rispetto a quello superiore, non essendo attraversato da corsi d’acqua e invadendo una zona in origine paludosa, quindi completamente sgombra12.
Nel 1115, tuttavia, morì la contessa Matilde di Canossa (che non aveva mai costituito, comunque, un serio ostacolo per l’affermazione delle nuove forze comunali), per cui l’autonomia cittadina era già un atto compiuto.
- Ermanno LANZONI, Ferrara Una città nella storia, Edizione Belriguardo, Ferrara, 1984.
- Francesca BOCCHI, cit.
- Guido Angelo FACCHINI, cit.
- Gabriele ZANELLA (a cura di), RICCOBALDO da FERRARA, Chronica Parva Ferrariensis in “Deputazione provinciale ferrarese di storia patria”, serie Monumenti, volume IX, Ferrara, 1983.
- Antonio FRIZZI, cit.
- Francesca BOCCHI, cit.
- Antonio FRIZZI, cit.
- Francesca BOCCHI, cit.
- Augusto Vasina, cit. Giuseppe MANINI FERRANTI, Compendio della Storia Sacra e Politica di Ferrara, Stamperia del Seminario, Ferrara, 1808.
- Adriano FRANCESCHINI, I frammenti epigrafici degli statuti di Ferrara del 1173 venuti in luce nella cattedrale, stampato a cura della Ferrariae decus e della Deputazione provinciale ferrarese di storia patria, Ferrara, 1969.
- Giuseppe Antenore SCALABRINI, Memorie Istoriche delle chiese di Ferrara e de’ suoi borghi, Tipografia Coatti, Ferrara, 1773. Antonio FRIZZI, cit.
- Stella PATITUCCI UGGERI, cit.